Un sentito e caloroso grazie a Vincenzo Storelli.
Un viaggio, ogni viaggio, se compiuto con lo spirito del viaggiatore, procura emozioni che arricchiscono e che compensano i disagi che comunque un viaggio del genere comporta.
Appunti di viaggio - I giorni dell'Iran
La scoperta di un popolo diverso dall’immagine che ne
abbiamo in occidente. Pasargade e Persepoli: le vestigia di un grande impero.
Il tripudio di maioliche nelle moschee e la luce rutilante degli specchi nei
mausolei.
Quando, a chi mi
chiede quale sia stata quest’anno la meta dei miei viaggi in giro per il mondo,
rispondo che ho visitato l’Iran, l’interlocutore esordisce, quasi sempre con
un: “Ah!” esclamazione che corrisponde all’attimo di perplessità per individuare
mentalmente la collocazione geografica, cui segue un pressocchè generale: “…ma sei pazzo? Con quel che si sente in
occidente su quella parte del mondo e con i venti di guerra che spirano, come
ti è venuto in mente di scegliere una meta del genere?”.
Ho dovuto, nel rispondere, fare un doppio passaggio: da un
lato spiegare che quel Paese è ricco di storia millenaria per cui i siti archeologici di Persepoli e Pasargate
meritano da soli il viaggio; dall’altro cercare di modificare l’immagine
distorta che di quel Paese abbiamo in Occidente per cui quando si parla di
Iran se ne sottolinea la peculiarità di
Stato teocratico; se ne alimenta
l’immagine di un Paese che costituisce potenziale pericolo per la pace nel
mondo in quanto impegnato nella costruzione della bomba atomica; vi è il
convincimento che si tratti di un popolo integralista come tutti i Paese
mussulmani.
“Mussulmano ma non arabo” ci tiene a precisare sin dal primo
giorno Reza, la nostra guida iraniana che ci accompagnerà nella scoperta di questo
Paese grande per estensione ma anche per il suo passato ricco di storia.
La sottolineatura non è oziosa e la dice tutta su un credo
religioso che è sì mussulmano ma non dimentica che la Persia, ben prima
dell’avvento dell’Islàm, ha dato vita
alla religione di Zoroastro, professata –e dunque tollerata- ancora oggi da una
parte consistente di Iraniani e che ha il proprio simbolo nelle “Torri del
Silenzio”, luoghi posti in altura e, generalmente, un po’ isolati, dove, sino a non molti anni fa, si lasciavano i cadaveri in pasto agli
avvoltoi per evitare che il corpo putrefatto inficiasse la sacralità della
Terra. Continuano ad esistere, in ogni caso, i “Templi del Fuoco”, con la
fiamma perennemente alimentata dai sacerdoti parsi perché questi due elementi,
insieme agli altri due: Aria ed Acqua,
formano i principi vitali cui quella religione si ispira.
Paese mussulmano che però tollera, altresì, il credo armeno
professato nella splendida cattedrale di Vank, il quartiere armeno di
Esfahan, nonché un numero consistente
di Ebrei, cosa che non deve meravigliare se si tiene conto che Ciro il Grande
fu il primo che affrancò il popolo ebraico dalla schiavitù di Babilonia e
consentì il suo ritorno a Gerusalemme.
Certo l’Iran è una repubblica islamica; i principi del
Corano informano ogni aspetto della vita dei cittadini; gli Ayatollah
determinano le scelte di fondo della vita del Paese, nonostante il Presidente
ed i parlamentari siano scelti- almeno formalmente- con libere elezioni; i pasdaran continuano ad essere i custodi
ortodossi degli effetti della rivoluzione komeinista, ma il popolo iraniano è
altra cosa: un popolo cordiale, curioso, desideroso di dialogare, rispettoso
degli altri e soprattutto degli stranieri e non solo perché questi portano
danaro fresco nelle casse statali.
Cosa, per altro, non
da poco per un’economia dalle grandi potenzialità ma che soffre per l’embargo
economico imposto dall’occidente, creando non pochi problemi per il benessere
della gente comune.
Ad esempio è impressionante vedere gli scaffali delle
farmacie desolatamente vuoti, essendo la carenza di medicinali una delle
difficoltà di rilievo nella vita quotidiana degli Iraniani.
Il giornalista e reporter polacco Kapuscinsky ha scritto che
un viaggio acquista valore per le persone che si incontrano lungo il cammino:
per me, il viaggio in Iran è stato questo.
A Rayen, dove eravamo andati per visitare una fortezza
medievale costruita con paglia e fango, un guasto meccanico al nostro pullman
ci impose uno stop di alcune ore.
Ci avvicinò un ragazzino; Mohamed, del quale non
dimenticherò mai il viso curioso e ridente, il quale aveva capito la situazione
e si offerse, comunicando con noi in un inglese stentato, di accompagnarci a
comprare generi di prima necessità, essendo ormai chiaro che per quel giorno il
pasto sarebbe saltato. Un componente del gruppo voleva ringraziarlo offrendogli
del danaro; Mohamed si allontanò con un gesto dignitoso e quello che ci chiese
in cambio fu di fare delle foto con qualcuno di noi.
Una lezione di dignità che difficilmente dimenticherò come
non dimenticherò la cortese insistenza con cui una famiglia iraniana - gli
uomini però, perché le donne ci
guardavano con gli occhi ridenti ma non dialogavano – un venerdi sera, nell’enorme
piazza dell’Imam di Esfahan, dopo la preghiera rituale, volle offrirci dei
fagottini a base di riso e carne, perché condividessimo con loro il giorno
della festa. In cambio la classica foto, anche qui fatta rigorosamente con i
soli componenti maschi della famiglia.
Ed è difficile dimenticare l’eleganza di Shiraz con i suoi
giardini incantati e i mausolei di Hafez e Saadi, due tra i più grandi poeti persiani, meta di pellegrinaggio
specie giovanile che va a chiedere loro protezione e auspicio per il proprio
futuro. E ancora la visita ai caravanserragli; la traversata del deserto da cui
spuntano poi vivacissime cittadine; le meravigliose “Torri del Vento” di Yazd,
citate anche ne “Il Milione” di Marco Polo, che costituiscono un alto esempio
di ingegneria e che sono degli autentici condizionatori d’aria ante litteram,
sfruttando i giochi del vento.
Ma l’Iran è anche e soprattutto storia.
Certo a scuola, studiando lo scontro tra Greci e Persiani,
abbiamo, generalmente, tifato per i
primi; ma quando i Greci cominciavano a costruire la loro civiltà , quella
persiana era già una splendida realtà.
Entrare a Persepoli, la capitale dell’impero voluta da
Dario, attraverso la “Porta delle Nazioni” da cui accedevano le delegazioni
straniere in visita al grande re procura una forte emozione; così come salire i
gradini del palazzo reale, delimitati da fiancate istoriate con le Satrapie che
facevano visita al sovrano portando doni.
E così è stato per la visita alla necropoli con le grandi
tombe reali e a Pasargate dove si conserva, pressocchè intatta, la tomba di
Ciro il Grande.
Un viaggio, ogni viaggio, se compiuto con lo spirito del
viaggiatore, procura emozioni che arricchiscono e che compensano i disagi che
comunque un viaggio del genere comporta.
Del resto che ne sarebbe di una civiltà se non ci fosse il
viaggio? Per noi il “nostos” è alla base della nostra cultura e lo spirito di
Ulisse pervade sempre il viaggiatore spinto dal desiderio di conoscere.
Anche perché la conoscenza di altri popoli arricchisce i
rapporti e contribuisce ad abbattere steccati e pregiudizi.
Forse è un modo concreto per costruire la pace, meglio di
mille conferenze sul tema in cui si finisce per fare accademia senza conoscere
davvero un popolo e senza tener conto delle s
ue reali aspirazioni.
ENZO STORELLI