Siamo arrivati nello Sri Lanka. Viviamo direttamente alla spiaggia. Il posto si trova vicino a Galle nel Sud Ovest dell’ Isola e si chiama Galawata presso Unawatuna.
Il primo impatto con la devastazione dello Tsunami ci colpisce subito. Lungo la costa ci si presenta un immagine di case distrutte, tende e casa prefabbricate, messi a disposizione alla popolazione dei senza tetto. Fermandosi o rallentando il mini-bus con il quale siamo partiti da Negombo, i segni del disastro vanno ben oltre dei muri crollati. In tante zone le strade non sono ancora rimesse ad utilizzo pieno e la sporcizia si trova dappertutto. Anche i nostri bambini sono silenziosi. in parte per lungo viaggio aereo Roma-Colombo, ma anche perché davanti alla tragedia dello Tsunami si allarga un vuoto nelle menti. Non sai cosa dire, mancano le parole.
Chi ci è stato un anno fa, come i Garfagnoli, raccontano di persone e delle loro singole speranze, finite quel giorno un anno fa. Marino racconta di un padre che mette tutta la famiglia sul treno per salvarli, lui non ce la fa a salire – il treno parte e viene sommerso dalla seconda onda. Muoiono tutti.
Mi sento spostato. Vedo e non posso del tutto afferrare. Vedo il disastro davanti ai miei occhi, si stende una ferita ancora aperta.
Siamo stanchi tutti. Viaggiamo in undici con i bambini. Lo stile di guida dei Cingalesi è molto particolare. Le strade sono a due corsie, ma spesso senza linea di separazione, che comunque non serve, visto che il traffico si muove anche a tre e a volte quattro file. I pedoni, cani, biciclette e veicoli tre ruote contano poco. Il clacson manca mai, accompagna ogni manovra con uno o due suoni brevi. Quasi tutti i clacson hanno lo stesso suono. Un po’ stile macchina di Paperino.
Alla fine c’è sempre il traguardo – e una volta raggiunto spariscono tutte le nubi nei pensieri. Ti metti comodo. E come si fa a resistere al primo bagno?! E questo di Gennaio. Siamo veramente pazzi! Ognuno ha il suo viaggio…noi siamo arrivati fin qui – all’ oceano Indiano: Trasparente e potente rimbomba con il suo frastuono nelle orecchie e ti porta ai sogni ad occhi aperti…
Quando si viaggia ci vuole un po’ di tempo, finche l’anima accetta l’arrivo in una nuova destinazione. Così stiamo collocati su un ponte di tempo fatto di sole, parole, un'altra lingua ed il tamburo del oceano.
Stai così come credi e ti scopri a volte sorpreso per il tuo boccaglio che si è riempito sotto un onda grondante. Spazio e tempo, i nostri ragazzi dietro ai pesci come piccoli esploratori e subito dopo costruttori di castelli di sabbia – tutto come credi.
Ombretta si scopre maestra del tempo libero e accompagna i ragazzi nella loro raccolta d’ impressioni rivolto spesso al mondo marino. Anche un diario di viaggio dovrà documentare la nostra permanenza nello Sri Lanka.
Guarda i nostri figli! Quanto meglio si vive con una parte d’immaginazione in più. Per rilassarsi ci si mette tanto, visto che quasi d’obbligo ci portiamo dietro tutto il peso della nostra vita.
Nella calma si trova il peso della bontà umana...basta vivere!
Si sta trovando il ritmo e dopo due giorni abbiamo stabilito i primi contatti con la gente del posto.
I loro visi luminosi, i loro sorrisi, che in tanta melanconia e povertà appaiono ad ogni angolo di casa, ti riportano semplicemente a te stesso. Tu stai sulla main-road. Il conducente del veicolo si aggira intorno alle tante pozzanghere e buche che sono li da un tempo inestimabile.
Il clima è umidissimo. Ci troviamo pochi gradi al nord dell’equatore. La sabbia si appiccica anche dietro le orecchie e quando il sole raggiunge lo zenit, il nostro corpo tutto sudato sembra essere oleato. Ci ripariamo al ombra della “cabana”. Le cabanas sono fabbricate tutto di legno di cocco. Anche il tetto è coperto unicamente con delle foglie delle palme di cocco e dà tanta ombra sull’ampia veranda. La spiaggia si trova davanti, ad un solo passo.
Irene, Savanah e Chiara sembrano delle principesse provenienti dall’occidente. Federico si lascia trascinare dal gioco delle nostre figliole e conquista l’attenzione salendo su uno scoglio per poi saltare nell’acqua tiepida.
Il tempo passa e di nuovo ci troviamo tutti sul Tuc-Tuc. Sono dei mezzi su tre ruote, tipo l’ Ape della Piaggio, ma prodotti in India. Nello Sri Lanka sono i taxi economici. Appena fuori della main-road, l’orientamento diventa complicato anche per i più abili conducenti. Le strade non hanno nome o almeno non si trovano dei cartelli per capire dove ci si trova di preciso. Spesso bisogna fermarsi e chiedere delle indicazioni. Con tanta gentilezza la gente aiuta (anche se non ne sanno molto di più). Riusciamo comunque ad arrivare alla casa famiglia di Lorenzo e Lucilla. È una casa-scuola per bimbi dall’ età d’asilo ai diciotto anni. Hanno creato questo rifugio, dove ospitano più di venti ragazze e due maschi provenienti da situazioni famigliari disastrose. Visitiamo la scuola e conosciamo i bimbi. Come sono belli. Sorridono timidamente e con qualche parola d’inglese riusciamo a parlare con loro. Stanno bene e con la loro simpatia e semplicità ci conquistano all’ istante.
Tutto trasmette un equilibrio tra solarità ed una certa eleganza.
La vita di Lucilla e Lorenzo porta un timbro di grande attività. Si capisce che attraverso la loro attività passano tante persone come noi, interessati a contribuire a un progetto di aiuto.
Ammiro il loro giardino e la varietà di piante per noi conosciute come prodotto, ma mai viste in natura, come il chiodo di garofano, che è un albero o il pepe che è un rampicante. Piantagioni di te e coltivazioni di riso, circondano il terreno della casa famiglia. Si respira un aria libera e ordinata.
Riusciamo anche ad incontrare Stefano e Betti, altri italiani finiti in questa zona anni indietro. C’è anche Irene che abbiamo conosciuto sul volo da Amman-Colombo e che collabora con loro.
Betti e Stefano hanno una Guesthouse ad Unawatuna. Offrono cibo italiano e dispongono di quattro camere deliziose in stile orientale. Sono molto attivi anche loro due; tipo una ne fanno e cento ne hanno per la testa.
Si sta bene con loro. Sono delle persone poco complicate e riusciamo con facilità a comprendere le loro motivazioni e programmi. Stefano si mostra disponibilissimo e molto concentrato sul suo lavoro. Hanno cominciato a dare una mano alla gente – una cosa quasi naturale in mezzo a tutta questa povertà. Successivamente è diventato qualcosa di più di dare solo una mano. In corso hanno la costruzione di un centro di formazione, che sarà pronto per l’inizio di marzo ’06.
Questo programma di formazione prevede anche l’inserimento di persone portatori di handicap. I finanziamenti per il centro sono pronti e perciò la nostra partecipazione potrebbe andare all’altro progetto in un villaggio un po’ all’interno dove sarebbe possibile intervenire con il micro credito.
All’interno del villaggio 140 famiglie, con l’aiuto di Stefano e Betti, hanno costituito un comitato e riunendosi settimanalmente decidono le priorità del villaggio cooperando fra di loro con tanto di entusiasmo.
Se si vede la realtà sul posto, si comincia a capire una varietà di cose. Non basta certo aiutare a mettere su casa. Bisogna aprire uno spiraglio dove può entrare luce, nella misera esistenza di una famiglia. Abbiamo cominciato a stimolare la voglia di produrre piccoli lavori artigianali che ci verranno spediti da Ahmal. Offrendo degli incentivi alle famiglie, anche la qualità di vita crescerà.
Ahmal è il nostro terzo punto di riferimento giù nello Sri Lanka. Con Marino sono andato a visitarlo, quando si trovava in Svizzera al lago di Costanza. Lui conosce la gente con l’occhio di chi vive quella realtà sulla propria pelle. E’ riuscito a guadagnarsi la fiducia di questa famiglia svizzera (che abbiamo rivisto a Galawata), e gestisce le loro faccende finanziarie. Pur essendo molto giovane, cura una piccola azienda, paga stipendi e con tanto impegno si da per il benessere degli ospiti come noi, che abitiamo nelle cabanas.
Cosa abbiamo realizzato?Casa famiglia di Lucilla e Lorenzo; L’ isola della solidarietà costruisce tre case.
Sopraluogo per casa uno: In mezzo alla giungla sono stati assegnati terreni dal governo per i più poveri (senza corrente e allaccio acqua). La strada non porta fino ai confini dell’ appezzamento. Un ripido sentiero ci porta a una baracca di legno. Al nostro arrivo troviamo una signora. I due bimbi sono a scuola e il marito lavora presso una farmacia ayurvedica. Vedendo come vive questa famiglia, decidiamo all’ istante di mettere a segno il nostro primo intervento. Per ringraziare e salutarci la signora si inchina da buddista fino ai nostri piedi. (Certo, se vengono tre estranei e ti regalano la casa…)
Nella stessa mattinata incontriamo il muratore, si stabilisce il prezzo per lavoro e materiale Già il giorno successivo cominciano il lavoro.La seconda casa è per una signora con un solo figlio e senza marito.La terza, si trova a Colombo, la capitale. Non siamo riusciti a fare il sopraluogo. Lucilla ci manderà le tre schede complete via e-mail con foto e ulteriori informazioni.
Singoli interventi con Amal. L’ isola della solidarietà costruisce due case e da’ un’aiuto per la ristrutturazione di un dopo scuola di inglese privato.Nelle due famiglie il quadro è il solito, persone per bene (niente alcolizzati, lavoratori, mandano bimbi a scuola..) ma grande povertà.
Visto che le due case sono a due passi da dove abitiamo, abbiamo la possibilità di andarci più volte e di conoscere abbastanza le famiglie con le quali riusciamo ad andare oltre la costruzione della casa, infatti riusciamo a incentivare le due madri con dei piccoli lavori.
La cosa che mi colpisce particolarmente in questa famiglia riguarda la loro prontezza. Pur vivendo dei pochi pesci che vende il padre a un mercante, riescono a mandare i due figli a lezione d’inglese dopo scuola. Il padre stesso parla un inglese al di sopra della media.
A casa non si parla d’altro della nuova casa. La madre produce dei braccialetti, che paghiamo ncinquanta rupie l’uno, cinque volte la cifra che le viene offerto da un negozio vicino.
La casa del “giardiniere”: Sono in cinque. La miseria gli sta più che ad altri scritta nel viso.
Sono molto meno solari. A loro è stata regalata una casa non finita. Rimarrà per sempre così, visto che mancano i fondi. Noi si interviene mettendo le finestre e porte e intonaco.
Programma dopo scuola (corso d’inglese): Ci sono delle famiglie che non se lo possono permettere ma ugualmente possono partecipare. L’ edificio ha bisogno dei ritocchi e manca materiale scolastico. Ci siamo impegnati di dare una manoper la ristrutturazione dell’edificio. I fondi e i lavori vengono tutti gestiti e seguiti da Ahmal.
Ruan il nostro autista Tuc-Tuc assomiglia un po’ a Mike Tison, con la differenza che è sicuramente più sorridente. Tra quattro mesi diventerà padre. Il lavoro da autista come lo svolge lui, non è un brutto impegno, guadagna di più che con tanti altri mestieri. Quando ci si sposta partendo da Galawata lui ci aspetta con altri due colleghi, che però cambiano. A volte ci vuole pazienza per le partenze nostre. Viaggiamo in undici, l’ ultimo ad arrivare e comunque sempre un Garfagnoli. In direzione per Katukurunda si arriva dopo un quarto d’ora col three-wheel a un bellissimo lago con dieci isole. Con una canoa si può giungere facilmente l’una o l’ altra. Manca un rematore, così Ruan prende il secondo remo e porta noi turisti all’isola del Buddha. Quest’ isola è abitata da un ordine di monaci, una scuola buddista. Ci vivono ventisei ragazzi monaci e i loro insegnanti. Possiamo vedere il tempio. Un ragazzo apre la porta con una pesante chiave riccamente ornamentata. Il tempio è modesto e al suo interno si trovano dei murales che riportano la storia di Siddharta. Qualche dipinto è vecchio come le mura del tempio circa centocinquant’ anni.
Non manca la pioggia e ci si ripara a piedi nudi nel santuario. L’acquazzone non dura a lungo ma rimane una certa fretta per evitare il secondo scroscio. Il Monsone comincia nel mese di marzo, tuttavia ci troviamo tutti giorni almeno per qualche ora di pomeriggio sotto la pioggia.
Attracchiamo all’isola della cannella abitata da tre persone in una modesta casa immersi da alberi di cannella.
Come mettiamo piede nell’isola, si mette in moto tutta la famiglia per esibirsi con le attività. Con un coltello viene pelato un ramo della pianta. L’aria si riempie subito con quel dolce profumo fresco della cannella. Quello che interessa è lo strato appena sotto la corteccia. È spesso pressappoco un millimetro. Con un coltello piccolo e curvo, forma sciabola araba, viene tolto tutto questo strato. Si arrotola da sé. Dopo averlo seccato, l’uomo rinchiude i pezzi nei sacchetti trasparenti e li chiude saldando la plastica sopra una fiamma al petrolio.
Si torna al punto di partenza. Avevano ragione. Appena tornati al molo ripiove, tanto per cambiare. Che pizza! Anche questa volta dura poco e possiamo visitare il giardino delle spezie. Ci sentiamo a nostro agio e guidati della curiosità ci portiamo da una pianta al altra, diretti nel shop per spendere qualche soldo in oli spezie e medicine ayurvediche.
Arriva l’invito per una festa. È la festa di Ahrchi che a dodici anni è diventata “donna” e qui si fa una festa quando c’è questo passaggio. L’ invito è per sabato all’ora di pranzo e naturalmente andiamo tutti.
Gli uomini stanno da una parte, si ride e si beve. Alle donne faccio una foto in cucina ma non basta, alla seconda, tutte si girono verso la macchina fotografica. È una giornata speciale. Per Irene è un incontro particolare. L’anno scorso giocava spesso con Archi. Sono belle loro due, come si tengono per mano durante la passeggiata in campagna. Dopo aver mangiato di tutto e di più, andiamo tutti a fare una passeggiata e naturalmente……piove e dobbiamo ripararci sotto un tetto. Ho fatto una foto di questo gruppetto soridente. Al ritorno, non possiamo andarcene prima di aver preso il te con una infinità e varietà di dolci. Con le pance belle piene ci aspetta il lungo viaggio di ritorno in Tuc-Tuc…’na zuppa da Maendra e tutti a letto.
Nelle vacanze non è difficile svegliarsi – si mette una marcia in più. Sono ancora a letto e tendo l'orecchio verso una conversazione tra Chiara e Irene. Parlano animatamente sulla logicità della catena alimentare e sul perché della sparizione dei dinosauri. Tipo, tu reggi la teoria della meteorite. Rimango ancora per un po’, fermo come un albero, steso nelle mie coperte.
Sulla stuoia all’ombra di una palma Ruy gioca con i frutti tropicali che si porta nel secchiello. Annoiato dalla fragola e banana, manda un invito con voce forte: “Bimbi, giocate con me, portatemi con voi, salpate con me. Guardate, io gioco così, a te faccio una pernacchia, ma se vuoi, posso anche spiegare le vele e perigrinare. Ci sono dei colori nel mio mondo e posso essere il vostro compagno di viaggio, vostro spirito buono. Si, ci sono anch’io, giocate con me.”
Scriviamo il tredici gennaio ed è un venerdì. Ogni luna piena si festeggia e non si va a scuola. Nella cultura cingalese la religione riveste un ruolo di fondamentale importanza, scandendo con feste e riti la vita della popolazione. Una valida proposta nel sistema scolastico italiano, no?
Mancano solamente sette giorni al nostro rimpatrio. Visto che anche stamattina piove a dirotto, il conto del tempo è facilitato. Il tempo da scontare con il calendario e quel tempo che ricorda i monsoni e certo non l’alta stagione, mi fa pensare a casa. Come Chiara, che la casa le manca sempre tanto.
Ma sono di nuovo i nostri ragazzi che mi stupiscono di più. Non litigano quasi mai e trovano di continuo dei nuovi spazi d’azione. Raccolgono l’acqua piovana, giocano a carte e si immergono in quel paradiso, facendo semplicemente un bagno.
Proprio ora, un giorno dopo la luna piena è ritornato il bel tempo. Le cose da fare sono tante e il tempo comincia a stringere. Quando saremmo pronti (e ce ne vuole) faremmo delle compere a Galle. Visiteremmo il forte e il suo quartiere, risparmiato dallo Tsunami grazie alle antiche mura grosse. Ma prima ci vuole un altro bagno. Con maschera e boccaglio ci si può perdere nella ricchezza della barriera corallina. Non ci si stanca mai! Quanti pesci, granchi, cetrioli di mare, stelle marine e ”ramicelli” di corallo staccati, poi alghe e quando ci si ferma su un particolare, diventa una visione con una tale magia, che solo la pelle grinzosa delle dita e dei piedi, ti fa tornare indietro. Mi porto questo tesoro dentro, lo curo come un pezzo mancante, finche svanisce come tutte le cose…
Il volo, l’ arrivo e le tante ma tante pensieri per la testa.
Una riflessione dopo un paio di giorni di nuovo in Italia: Un viaggio così lascia delle tracce e pur immergendosi subito nel lavoro e nelle faccende di tutti i giorni, qualcosa è cambiato e continua a cambiare. Per prima cosa mi è rimasta una gran voglia di rivedere tutti i partecipanti - anche perché mi farebbero sentire di nuovo un attimo al di là dell’ oceano.
Poi, chiaro, ci sono una marea di immagini che riprendono vita come ora, che mi concentro sulle parole e oltre lo schermo rivivono le tante face amiche dello Sri Lanka. Mi guardo le foto e mi fermo a Galle, Casa Lorenzo, la nostra spiaggia con i pescatori e nostri figli nella bassa marea, c’è il caldo mentre da noi e tornato un gelo dalla Siberia…
Torna in mente Ahmal, Ruan, Rhanga, Dhipica e loro che ci accompagnavano nelle giornate felici.
Oliver
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