mercoledì 15 settembre 2010

martedì 7 settembre 2010

In auto alla scoperta del catanese

Catania è capoluogo della provincia che da essa prende il nome; la zona è celebre per la varietà dei suoi paesaggi, nonché per i capolavori barocchi, che hanno influenzato l’arte locale a tal punto da diventare l’emblema di una corrente artistica: il barocco siciliano.
Guidare a Catania non è affatto semplice in quanto, come ogni grande città, si presenta afflitta da un traffico caotico e rumoroso; tuttavia esplorare i dintorni risulta molto più semplice, in quanto il traffico si scioglie man mano che si esce dalle arterie principali.
Un mezzo proprio garantisce la libertà di muoversi secondo i propri ritmi e l’indipendenza dai mezzi pubblici, i quali non raggiungono tutti i posti e sono spesso inaffidabili. Coloro che non sono mai stati a Catania non possono perdersi una visita al vulcano, l’Etna, che domina la città e la provincia, la cui vetta è visibile da migliaia di chilometri nelle giornate limpide (perfino da Taormina). Le attività possibili sono innumerevoli, soprattutto perché il vulcano è parte di un più vasto parco naturale; in inverno i suoi pendii diventano addirittura stazioni sciistiche.
Per gli amanti della natura imperdibile è una visita alle celeberrime Gole dell’Alcantara, alte fino a 25 metri e formate da pietra nera di origine lavica. Da Catania, ci si arriva dirigendosi verso nord sulla A18 Catania-Messina, uscita a Giardini Naxos, altro piccolo borgo che vale assolutamente la pena visitare (nonché nota località balneare).
Catania è poi direttamente collegata con un’altra tappa imperdibile, Enna: ci si arriva percorrendo l’autostrada verso Palermo, la A18, in circa un’oretta di macchina. Enna è una borgo arroccato su un monte, e si trova a quasi duemila metri di altezza. La cittadina attrae migliaia di visitatori ogni anno e presenta bellezze artistiche e paesaggistiche senza paragone. Ha origini antichissime (fu fondata dai greci), ecco il perché del suo ricco patrimonio culturale, il quale comprende anche scavi e reperti archeologici di gran pregio.
Per maggiori informazioni su come noleggiare un’auto a Catania e su come muoversi nel catanese potete visitare questa pagina relativa a Catania: noleggio auto Catania.

mercoledì 1 settembre 2010

L’India che non crede più all’oro

L’India che non crede più all’oro di F. Rampini da Repubblica del 7 marzo 2009

“Viene qui ogni sorta di persona: i poveri, la piccola borghesia, i pensionati. Ci vendono vecchi bracialetti, monili, monete, svuotano le casseforti di casa”. Kapil Kumar Chokshi è uno dei gioiellieri più popolari di Mumbai, proprietario della premiata ditta Chokshi Arvind Jewellers. Come tanti altri orefici indiani è assediato dai clienti che vogliono disfarsi dell’oro che hanno in casa.

Il mondo è di nuovo in preda alla febbre dell’oro: il metallo giallo è tornato ad essere il bene-rifugio per eccellenza. Sui mercati internazionali il suo prezzo si avvicina alla soglia record dei mille dollari l’oncia. Un solo paese fa eccezione. Ed è proprio il più grande mercato del mondo per l’oreficeria. Da anni l’India importa il 90% del suo fabbisogno d’oro: fino a 800 tonnellate l’anno.

Proprio adesso, in solitaria controtendenza, una sterminata massa d’indiani ha deciso di voltare le spalle al suo bene più prezioso. A gennaio – mese di matrimoni e quindi tradizionalmente alta stagione per gli acquisti nelle oreficerie – le importazioni d’oro in India sono crollate a 1,8 tonnellate, contro le 14 tonnellate dello stesso mese nel 2008.

“Ogni giorno – racconta Chokshi – fuori dal negozio si forma dal primo mattino una fila di un centinaio di clienti in paziente attesa. Ma vengono per vendere, non per comprare”. Un miliardo e cento milioni di indiani, di ogni casta e condizione sociale, custodiscono nelle proprie case un tesoro privato unico al mondo. Si calcola che in India l’oro “domestico” rappresenti una montagna da 15.000 tonnellate, uno stock che neppure i leggendari forzieri di Fort Knox potrebbero contenere.

E’ da centinaia di milioni di tesori domestici che è in corso il massiccio deflusso. Una spiegazione sta proprio nella crisi economica. Anche in India il boom perde colpi, il ritmo dello sviluppo rallenta vistosamente. Costrette a stringere la cinghia, le famiglie meno abbienti devono affrontare sacrifici pesanti. Vendere la collana della nonna può essere il modo per continuare a mantenere un ragazzo che fa l’università.

C’è anche una componente speculativa, a rovescia. “Chi vende i gioielli di famiglia – dice il gioielliere di New Delhi Devender Kumar – a volte lo fa perché è convinto che l’oro sia arrivato ai massimi, e presto scenderà. C’è una sfasatura totale rispetto a quel che accade in tutto il resto del mondo”. Vi contribuisce anche la svalutazione della rupia rispetto al dollaro, che accentua il rincaro del metallo giallo.

Continuano a comprare solo quelli che sono “costretti” a farlo: i genitori delle future spose. Una ragazza non può maritarsi se la famiglia non provvede a costituirle una dote adeguata, che luccica al sole. Ma anche gli acquisti pre-nuziali vengono ridimensionati. E l’oro delle doti indiane ora non va più ad alimentare la domanda mondiale: gli orefici locali riciclano, fondendolo e rilavorandolo, tutto l’oro che gli arriva dall’esercito dei venditori.

E’ un caso curioso. Un’intera nazione – e di che dimensioni – si mette a scommettere contro un trend potente che prevale su tutti i mercati mondiali. A New York e a Boston, a Tokyo e a Londra gli hedge funds sono tornati di prepotenza a puntare sui “gold-futures”, i titoli derivati che consentono di speculare in anticipo su ulteriori rialzi del metallo giallo.

In una fase di sfiducia profonda sull’industria e la finanza, di fronte a deficit pubblici in rialzo dappertutto, con tante valute che perdono quota (dall’euro al rublo), i guru dei mercati hanno deciso che l’oro è vincente. Nel frattempo milioni di indiani pensano ostinatamente il contrario.

Forse è troppo fresco nella loro memoria il ricordo del brutale capovolgimento che avvenne un anno fa sulle materie prime. Dal petrolio al riso, dall’acciaio alla soya, si passò in un batter d’occhio dall’iperinflazione alla deflazione. Chissà che l’istinto di massa degli indiani non sia più perspicace di tanti Ph.D. di Harvard che guidano le strategie di Wall Street.

Viaggio in Siria dall'8 al 21 ottobre

Una nostra proposta per visitare i luoghi simbolo del Medio Oriente e scoprire un paese pieno di sorprese. E....
Palmyra. Incredibile patrimonio dell’umanità. La sua fondazione si perde nelle ere assire , famosa per la regina palmirena Zenobia che in qualche modo si ribellò all’impero romano o tentò di diventarne il leader. Una delle dieci città della decapolis romana . 12 kmq di resti che offrono l’immagine di una società classica opulenta , basata sulla centralità del tempio. Il colonnato di un chilometro e mezzo ( il cardo maximus) rappresenta solo una delle meraviglie di un sito architettonico che è stato ereditato da varie civiltà subentrate l’una all’altra. Questa è la caratteristica di questa terra che tutti chiamano la Grande Siria ( Billad al Sham). Tombe, templi, abitazioni, condotte d’acqua, ce n’è per l'intera giornata.

Rassava ( Sergiopolis). Città dei Gassanidi che abbracciarono il cristianesimo monofisita. Basilica bizantina del 500 d.c. , cisterne per l’acqua , una città di quarzo. La moschea ommayade è del 670 dc. Verso Aleppo ci si imbatte nel favoloso fenomeno delle cosiddette città morte , ce ne sono 850 , meglio definibili abbandonate . primo pomeriggio e si fa hammam ad Aleppo .

Basilica di San Simeone. Lo stilita 350 d.c. a nord di Aleppo. La basilica splendido esempio di architettura bizantina dimostra con quale potenza e ricchezza il primo cristianesimo si espanse . Interessante la rottura stilistica con il tempio greco-romano precedente .

Ugarit. Città Hittita del 2.500 a.c. sul mare , archeologica poi verso sud.

Ebla. Qui, come altrove , sono state rinvenute 17000 tavolette di argilla scritte , gli archivi del palazzo del re.

Apamea. Città della decapolis , città dei filosofi ove viveva Giamblico l’ultimo dei neoplatonici. Colonnato ( cardo maximus) di 2 km – Solito splendore assiro-greco-romano-bizantino , le pavimentazioni del cardo sono solcate da segni di carri.

Il Krak dei cavalieri. Impressionante , conteneva fino a tremila uomini nei loro gradi e dignità e poteva stivare beni per resistere a cinque anni di assedio . Non fu espugnato da Sal al din ma fu raggiunto un accordo con i crociati. L’architettura e la posizione sono piccanti . Per finire la giornata la chiesa di San Giorgio di rito ortodosso su sito precedente archeologico. Una nota . E’ ovvio che la terra ricopre con il tempo luoghi precedentemente abitati creando delle collinette che in arabo sono dette Tell. I Tell circondano continuamente le città che si visitano nonché tutto il panorama dei due paesi . Ce ne sono circa 15 mila . Con depositi e stratificazioni dai cinque ai dieci metri di terra nascondono molte bellezze simili a quelle che visitiamo e danno l’idea di quanto grande possa essere stata la civiltà urbana da queste parti.

Moschea Ommayady. Era bizantinamente tutta (pareti, pavimento e soffitti) interamente mosaicata oro. Gli Ommayadi (dal nome di Omar , il primo califfo) furono la prima ondata di espansione dell’Islam dall’Arabia Saudita verso nord e stabilirono la capitale ovviamente a Damasco , la città , si ritiene, più antica abitata dall’uomo ( e pensiamo che Gerico ha le mura del 8.000 a.c.).

Maalula. Cittadina medievale ove il rito bizantino è in lingua aramaica , la lingua della terra di Cham , per 1500 anni lingua dominante fino all’Eufrate . La influenza delle civiltà in terra di Cham si ferma all’Eufrate ( incluso la romana , oltre l’eufrate gli amici-nemici babilonesi e oltre il Tigri gli eterni nemici persiani.

Per informazioni scrivere a info@i-viaggi.net