venerdì 20 novembre 2009

Sri Lanka Gennaio 2009

Sabato 3 gennaio 2009
Ci siamo un po’ ripresi dall’impatto, come sempre duro, con questo pezzo di oriente che somiglia molto all’India, ma che ha tutta la sua forte identità Eppoi ha anche la sua dura e violenta guerra, tra la sua gente. E’ stato più difficile degli altri anni. Questa terra, di una bellezza indicibile con la sua gente che inganna e sorride, riserva sempre una sorpresa nel suo primo contatto. La bellezza del cielo tropicale non ha niente da invidiare ai nostri scorci stellati mediterranei. Una sua struggente e segreta bellezza, quasi ci conduce a quel punto in “cui l’anima ti muore dentro”.
Abbiamo incontrato Stefano che insieme a noi lavora sul Vacation Center di Unawatuna, una delle 13 spiagge più belle del mondo, oggi devastata sull’altare del turismo, ma che, anch’essa conserva la sua avvolgente bellezza. Il Vacation Center è utilizzato dai bambini e dai ragazzi come doposcuola. L’associazione di Stefano propone e coordina molte attività. Noi abbiamo sostenuto l’acquisto di tavoli, sedie e attrezzatura per le aule didattiche. Ho sentito anche Lorenzo, della casa famiglia di Wahaladuha che accoglie bambine orfane e abusate. Abbiamo sostenuto l’ampliamento delle struttura e sostenuto le attività della vicina Montessori (così chiamano qui le scuole materne; in corso con loro abbiamo anche tre adozioni di bambine ospiti.
Abbiamo visto anche Amal. Con lui abbiamo costruito tre case, per il pescatore, il muratore Bandula e per Niluka che vive con le sue tre sorelle e 11 bambini: anche loro hanno finalmente una vera casa. Andremo a incontrare tutti lunedì e vedremo due famiglie alle quali proveremo a costruire una casa. Non so se riusciremo perché dopo lo tsunami i prezzi sono lievitati e anche la guerra ha fatto aumentare i listini dei generi di prima necessità, come il riso.
Tante storie ancora, le più belle quelle delle famiglie alle quali abbiamo cambiato la vita, con la loro nuova casa, la nuova singer e la luce (sì, l’energia elettrica che prima non avevano). Scriverà di loro dopo la nostra visita di lunedì.
La guerra qui è lontana, anche loro (i cingalesi) la vivono alla televisione. L’evento di ieri è comunque un fatto storico. L’esercito ha preso la capitale delle LTE. Tutti qui li definiscono terroristi, ma a sentire le versioni di Stefano e di Lorenzo, il regime del nuovo presidente, più corrotto degli altri ha deciso di usare la mano pesante e vuole sterminare ogni resistenza dei Tamil e spazzare per sempre le loro rivendicazioni di autonomia. Sono riusciti nell’operazione di propaganda. Infatti qui non si parla di una minoranza che vuole veder riconosciuti i propri diritti e rivendica autonomia per le proprie terre, qui tutti parlano di terroristi. Il regime ha mediaticamente equiparato l’LTE al fornite del terrorismo mondiale e così trova sostegno da parte delle grandi potenze e i diritti umani passano in secondo ordine. E’ vero che in oltre 20 anni di guerra civile i massacri si contano da entrambe le parti. Violenze, uccisioni di massa, campi minati e vittime innocenti, e poi la guerra dei bambini, qui come da nessun’altra parte del mondo utilizzati come soldati (dalle Tigri). I ribelli hanno risposto con due attentati a Colombo. Amal spera che il governo entro 4 mesi metta fine alla guerra sterminando finalmente i ribelli per creare nel paese una situazione favorevole alla ripresa del turismo.

Qui la guerra infuria, e come succede in ogni angolo del globo, chi sta male soffrirà ancora di più. I tamil sono confinati e devastati nella parte orientale e nord-orientale dell’isola. La decisione del governo e della corrotta classe al potere è quella di usare lo stile nazista: distruzione di massa. Bombardamenti a tappeto nelle zone tamil e così hanno preso Kilinochi, capitale dell’inistetistente stato del LTD. I cingalesi, tutti, anche quelli un po’ più normali come Amal, considerano questo un bene per il loro paese, finalmente la guerra cessarà anche se al prezzo della deportazione e dello sterminio dei loro conterranei. Ad essi non vengono riconosciuti gli stessi diritti della maggioranza di etnia sinhala. U n tempo i tamil rappresentano, anche se minoranza della popolazione, la borghesia al servizio della madrepatria britannica, istruiti, scaltri e pronti alla collaborazione e al fare; tutto il contrario dei cingalesi, apatici, svogliati, creduloni e con poca voglia di lavorare. La fine della dominazione coloniale ha consegnato l’isola delle spezie in mano alla maggioranza buddista ed è stato il caos. Le gelosie e le presunte ingiustizie sopportate per anni sono emerse con violenza e con forza, sono iniziati i primi massacri e le prime vendette.
Ecco che si creano le condizioni per la genesi della questione separatista, i tamil chiedono che le loro zone ricevano il riconoscimento dell’autonomia e che qui loro possano amministrare le loro genti con diverse regole e tradizioni, come è nella realtà: sono due popoli diversi, hanno un patrimonio culturale, una lingua molto molto diversa, una religione diversa, ma l’equilbrio non alberga in nessuno dei cuori e trionfano odio e violenza.

Ecco che arriva il paese, questo paese. Ogni angolo del mondo è pieno di amore e di bellezza. Ma nella continua alternanza del giorno e della notte, della luce e del buio, esistono anche i lati oscuri e la malvagità, la povertà e la miseria, materiale e morale. E’ in questo contesto che si inserisce quel sentimento di incertezza e di dubbio. Ma non dubbio come paura e insicurezza, credo, dubbio come il grande ventaglio delle opportunità da scegliere, come il groviglio di possibilità che abbiamo di fronte, dove prima di ogni nostra azione niente è certo e sicuro, solo dopo il gesto o la decisioni arriva una certezza che è quella dell’atto compiuto che può essere giusto, o sbagliato e questo dipende dall’armonia, da quell’equilibrio individuale che può divenire collettivo. Ma insomma il paese, o forse sarebbe meglio parlare del mondo. Ma perché questo paese, per ora questa gente. Per caso o per il nostro karma. Insomma ora siamo qui e le nostre scelte influiscono anche su coloro che ci stanno vicini. Abbiamo il potere spaventoso di cambiare la vita, o meglio di rendere la vita migliore a Bandu o al pescatore, con tutti i rischi annessi e connessi. Possiamo insieme a Lorenzo far sorridere le bambine di Mihiri Gedere ed assicurare loro un futuro è una vita tranquilla.
MG

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