venerdì 20 novembre 2009

Berlino 1989-2009. Dopo la scorpacciata di festeggiamenti per la caduta del Muro. Ecco qualche consiglio per scoprire la faccia nascosta della capitale tedesca. Tra squatter, graffiti e case occupate. Guidati da una strana bambina.
Lucy è un’adorabile bimba dai capelli cotonati che indossa vestitini rosa confetto. Ha un hobby molto particolare: è sempre alla ricerca di modi fantasiosi per uccidere il suo gatto. Lucy, ovviamente, non è una bimba vera, ma un personaggio creato dall’artista tedesco “El Bocho” prendendo spunto da un cartone animato molto in voga nella Cecoslovacchia degli anni Settanta. Una silhouette di carta appiccicata su muri e ponti della ferrovia ma che può trasformarsi in una buona compagna di viaggio per chi vuole scoprire la faccia meno turistica di Berlino. Quella di cui non parlano né i libri di storia né le guide tradizionali.
A Berlino si arriva da Est, dall’areoporto, attraversando i casermoni di edilizia popolare socialista che accompagnano chi viaggia in treno fino all’arrivo in Alexanderplatz. Per i berlinesi, semplicemente Alex. Inutile girarci attorno: il look comunista non le dona, vale la pena attraversarla solo per incontrare spettacoli allestiti da artisti e ballerini di strada. O per addentare un currywurst venduto da stoici uomini-griglia all’uscita della metropolitana. Meglio puntare subito allo Scheunenviertel, il vecchio quartiere ebraico che nel Dopoguerra venne inglobato nel settore sovietico. La riunificazione e la successiva ricostruzione hanno portato griffe internazionali, ristoranti etnici e raffinati lounge bar, ma cercando pazientemente si possono scoprire vecchi cortili su cui architetti di grido non hanno messo mano. Qui tutto sembra essere rimasto fermo a vent’anni fa: mattoni anneriti dal tempo, strati di graffiti e carta colorata che si alternano sui muri.
Se avete poco tempo a disposizione, però, puntate direttamente in Oranienburgstrasse: a poca distanza dalla cupola della nuova sinagoga, vedrete il Kunsthaus Tacheles: un’ex galleria commerciale danneggiata dai bombardamenti alleati durante la Seconda guerra mondiale. Il governo della Ddr ne ordinò la demolizione che però non venne mai effettuata. Così, quando cadde il Muro, il Tacheles, in tutto il suo splendore, diventò il covo perfetto per decine di artisti che lo trasformarono in un luogo a metà strada tra il centro sociale e la galleria d’arte permanente.
Anche se ha perso parte della sua aura anarchica, il Tacheles resta un caotico alveare in cui scoprire sculture realizzate con materiali di scarto e curiosi collages con robuste “Casalinghe disperate” di epoca sovietica. Tra un atelier e l’altro 
-qui lavorano 37 giovani- ecco lassù, sulla rampa delle scale, il gatto striato che la piccola Lucy ha ficcato dentro un forno a microonde.
Impossibile non fare i conti con la storia. Il Muro non c’è più, ma la sua presenza resta comunque ingombrante. Tanto per farvi un’idea, provate a fare questo gioco: guardatevi attorno e cercate di capire se vi trovate a Est o a Ovest. Imponenti casermoni squadrati sono il segno che, probabilmente, siete a Est. Lo stesso vale per le nuove architetture: (quasi) tutto ciò che è scintillante vetro-cemento è stato costruito sfruttando i vuoti della “striscia della morte” che abbracciava il Muro nel settore orientale della città. Infine tenete d’occhio i semafori: se dalla luce rossa vi occhieggia un ampelmann, l’omino con il cappello, probabilmente siete a Est. Ma nemmeno questa regola è infallibile: l’omino piace talmente tanto che lo stanno esportando anche in altri quartieri. Per il momento si è guadagnato una sua linea di abbigliamento e compare su borse, tazze, ombrelli, quaderni. Nuovo marchio di fabbrica della città accanto alla porta di Brandeburgo e il Fernsehtrum, la torre della tivù che troneggia in Alexanderplatz (utile punto di riferimento per i turisti sprovvisti di cartina).
Un weekend a Berlino non può dirsi completo senza aver trascorso almeno un pomeriggio (possibilmente sul tardi) a Kreuzberg. Dopo aver attraversato quel che resta del Checkpoint Charlie, vetrina per turisti con bancarelle di improbabili “memorabilia” sovietici, ci si può dirigere a tutta velocità verso la fermata U-bahn Kottbusser tor.
Qui i venditori di currywurst hanno ceduto il passo ai döner kebab e le donne velate passeggiano osservando con disappunto i turisti armati di macchina fotografica. Abbracciato su tre lati dal Muro, Kreuzberg era il quartiere più povero di Berlino Ovest. Vi trovarono casa i gastarbeiter, i “lavoratori ospiti” di origine turca reclutati per soddisfare il bisogno di manodopera dell’industria e dell’edilizia tedesca durante il boom economico degli anni Cinquanta e Sessanta. Ma anche artisti squattrinati, punk, squatter e centinaia di ragazzi provenienti da diversi länder della Repubblica Federale tedesca che si trasferirono nella Berlino demilitarizzata per evitare il servizio militare. Un mix affascinante ma esplosivo: povertà ed emarginazione sociale sono state, per anni, una delle costanti del quartiere.
Non mancano, per fortuna, segnali di speranza. Come testimonia il Fifty faces’ project realizzato da cinque writer professionisti nel 1998. Armati di bombolette spray e della pazienza di un Tiziano, hanno realizzato cinquanta ritratti usando come tela le colonne portanti e le grigie facciate di un palazzo nei pressi di Oranierplatz. Molti dei volti ritratti infatti sono quelli di donne e bambini che realmente vivono nel quartiere.
Tra negozi alimentari turchi e boutique di abbigliamento vintage, Kreuzberg offre decine di bar e locali curiosi dove fermarsi per gustare uno spuntino osservando la folla per le strade. L’alternativa migliore però sarebbe incamminarsi verso la Sprea: seguite l’antico tracciato del Muro, una fila di mattoni incastonati nel cemento, e non potete sbagliare. Attraversate lo Shilling-brücke per approdare a Friedrichshain e godervi un passatempo tutto berlinese: attendere il tramonto sorseggiando una birra sprofondati in una sedia sdraio lungo il fiume.
Piccole oasi come il “Club Maria” o lo “Yaam bar”, animato dalla comunità africana berlinese, però rischiano di scomparire se verrà portato a termine un progetto di riqualificazione urbana noto come “Media spree”: palazzi e cemento che restringeranno l’accesso pubblico al lungofiume. I nuovi progetti visti sulla carta ricordano quanto è cambiata Berlino negli ultimi vent’anni e quanto potrà ancora cambiare. Forse, se tornerete qui tra dieci anni, troverete ancora la piccola Lucy, sempre intenta a dare la caccia al suo gatto. Se cercate bene, sotto un ponte della S-Bahn vicino ad Alexanderplatz, troverete un disegno che la raffigura da grande: con un abitino succinto e l’immancabile gatto.
Ilaria Sesana

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