sabato 11 agosto 2007

Viaggio letterario alle origini della civiltà

Il Mediterraneo ha battezzato la nostra civiltà. Sulle sue sponde si sono insediate le prime comunità, hanno avuto luogo le lotte più cruente e si sono moltiplicate le conquiste dell’umanità. La fusione delle culture, la nascita delle religioni e il confronto fra le varie filosofie che hanno segnato lo spirito dei popoli mediterranei sono cresciute negli antichi porti del grande mare. Le idee nuove, partorite da uomini d’ingegno, sono state diffuse dalle imbarcazioni che ne hanno solcato le acque sfidando l’ira dei flutti in una incessante contesa con la natura. E’ da qui, dall’emozione che suscita il contatto con il Mediterraneo, che Predrag Matvejevic, insigne professore al Collège de France e alla Sapienza di Roma, disegna i confini della storia millenaria del mare nostrum. Nel suo Breviario mediterraneo (Garzanti € 14) si susseguono le sintesi fra tradizioni diverse in una costante intreccio di leggende e miti. Si rincorrono le voci e le lingue, che emanano suoni discordanti gli uni dagli altri e tendono a mischiarsi in un mosaico composito e frastagliato. L’autore intesse un dialogo serrato fra le tante anime che si riconoscono nel Mediterraneo: l’arte, la musica e le vicende di intere etnie, magari perse nel tempo, appaiono sullo stesso piano alla luce della comune appartenenza al mare. “Il suo breviario – scrive Claudio Magris nell’introduzione – diviene un libro epico e pieno di pietas per ognuno degli innumerevoli destini che il mare custodisce e seppellisce, come un immenso archivio o come un altrettanto immenso dizionario etimologico”. Sporcata dalla protervia di generazioni vissute in un conflitto perenne, l’immagine del Mediterraneo – ci spiega Matvejevic – “è stata deformata da fanatici tribuni o da esegeti faziosi” ma – prosegue – “i legami interiori hanno cercato di resistere alla divisioni”. Sono proprio questi legami, forti e tenaci, a racchiudere in modo indelebile i tratti giudaico- cristiani dell’Europa. Conservano, inoltre, una ricca serie di segni e di testimonianze che rappresentano le nostre radici.

Fernand Braudel, nel suo celebre saggio Memorie del Mediterraneo studia la lunga epopea del mare soffermandosi, sin dalla prime righe della sua opera, sulla necessità di captarne gli umori più segreti. “La testimonianza più bella sull’immenso passato del Mediterraneo è quella che fornisce il mare stesso. Naturalmente –continua – esso non può spiegare tutto di un passato complesso, ma rimette con pazienza al loro posto le esperienze del passato restituendo a ognuna i primi frutti della sua esistenza”. Risultato di una gestazione lenta e faticosa, il lavoro di Braudel è stato redatto nel 1970. E’ stato pubblicato molti anni dopo ma conserva inalterata tutta la sua freschezza e la sua originalità. Una ulteriore pubblicazione di Braudel, Mediterraneo (Bompiani € 8,20) può essere una valido contributo per arricchire tutte informazioni storiche e culturali che disponiamo sul Mediterraneo. Braudel, infatti, ci insegna a rispettarlo e a studiarlo con la dovuta attenzione.

Avviciniamoci, però, agli eventi che hanno costituito la cronaca degli ultimi anni. Ancora oggi, per i tanti emarginati che guardano all’Europa con la speranza di potersi emancipare, il Mediterraneo è sinonimo di ricchezza ed è la promessa di una vita migliore. Attraversare la striscia di mare che li separa dal benessere è stato per loro, nei primi anni Novanta, un difficile percorso di liberazione. Un cammino che è costato fatica, delusioni e mortificazioni. Ecco, allora, un altro volto del Mediterraneo: è lo spartiacque, come ci ricorda Raffaele Nigro, in Diario mediterraneo (Laterza €14,46) che divide usanze e costumi perché “è un luogo di conflitti e migrazioni. Più saracinesche si sono abbattute sul quel mare, isolando paesi che per troppo tempo hanno sfuggito e cercato al tempo un dialogo”. Le impressioni di Nigro sono arricchite dalla conversazioni, svolte nell’arco di un decennio, con tutti gli interpreti della sensibilità mediterranea.

Una sensibilità che non si limita esclusivamente alla stratificazione culturale nascosta nei fondali del Mediterraneo ma che proietta la sua ombra sulle prospettive economiche e sociali del nostro incerto futuro. E’ necessario, insomma, valutare quali saranno le ipotesi di sviluppo per i paesi bagnati dalle acque del nostro mare. L’Italia, media potenza europea, è al centro del Mediterraneo. La sua posizione l’ha resa una cerniera fra il mondo occidentale e quello orientale e, a maggior ragione, fra il cristianesimo e l’islam. La sua politica estera, dopo la fine della seconda guerra mondiale, è sempre stata orientata a valorizzare il peso del dialogo e del confronto nell’ambito della scelta atlantica adottata all’inizio dell’era repubblicana. Il Mediterraneo nella politica estera italiana del secondo dopoguerra (Il Mulino € 28,50), raccolta di saggi di diplomatici ed esperti militari, dà conto delle linee seguite dalle classi dirigenti italiane nella complessa fase storica della guerra fredda.

Fin ad ora abbiamo valutato, per lo più, la forza di un mito dalle risorse tuttora inesauribili. Il Mediterraneo può essere anche interpretato come una possibilità di crescita, una immensa fonte dalla quale cogliere i mezzi economici del nostro sviluppo. Fino a dove si spingono i suoi confini? Ed ancora: sono davvero così forti le potenzialità che può esprimere? Un dato emerge con una certa chiarezza. Il mare nostrum, considerato la culla imprescindibile della civiltà europea, non rappresenta l’unico mercato dal quale trarre i maggiori vantaggi per le nostre economie. Descritto come un microcosmo invalicabile, oltre il quale si estendeva il nulla, il Mediterraneo è stato via via ricondotto alle sue reali dimensioni: un bacino simile piuttosto ad un vasto lago che ad un mare brulicante di commerci in cui si intensificano attività di rilievo planetario. Oltre lo stretto di Gibilterra, insomma, ferve la vita mentre l’Europa sembra navigare tuttora a vista.

In questo contesto si inserisce la scommessa di garantire al Sud del Mediterraneo un futuro dalle prospettive di sviluppo più rosee. Le opinioni, però, differiscono sulle modalità e sulle opposte strategie che è opportuno mettere in atto. Sono state elaborate molte proposte per dare una risposta alle sue molteplici incongruenze. Alcune contengono visioni idilliache ed affascinanti ma poco legate alla realtà tangibile dei fatti. E’ il caso, ad esempio, de Il pensiero meridiano di Franco Cassano, docente all’Università di Bari. Nel suo volume Cassano interpreta il fenomeno meridionale come uno stringente antagonismo fra l’incipiente modernizzazione e la purezza scevra da condizionamenti esterni che il Meridione. “Pensiero meridiano – spiega Cassano – vuol dire questo: restituire al Sud l’antica dignità”. Cassano aggiunge che “il pensiero meridiano ha il compito di combattere la devastante vendita dell’incanto”. La suggestione è davvero molto alta. La ricetta per risolvere la palese arretratezza del Sud del Mediterraneo è, invece, carente ed illusoria.

A cura di Carlo Roma

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